Saper riconoscere un tessuto non è un dettaglio. Bisogna avere stoffa per carpire le differenze di uno stesso filato e arrivare a distinguere un ‘velluto a due corpi’ da un ‘velluto cesellato’. Sarebbe fantastico tessere una trama che intreccia la storia dei tessuti per l’arredamento di Rubelli a palazzo Fortuny a Venezia, passando per le fibre nobili dell’antica tessitura la Colombina (Cashmere, Mohair e Angora), fino ai velluti e broccati che dal Rinascimento a Firenze sono rappresentati della Fondazione Lisio dove ancora si lavora con i telai tradizionali (ecco un video che spiega come funziona un telaio Jacquard).
Approcciare questo mondo attraverso corsi di studio, esposizioni museali, workshop, libri e incontri per appassionati.
Per non mancare alle occasioni di incontro con il sapere, oltre a seguire le pagine Facebook dei sopraccitati, suggeriamo un avvicinamento metodologico attraverso il libro “Archivio tessile” di Stefanella Sposito che cataloga 230 tessuti utilizzati nella pratica degli stilisti, dal pret à porter alla haute couture.
La prossima volta che aprite l’armadio, o entrate in un negozio di abbigliamento, provate a concentrarvi sui singoli tessuti e gli inserti di ogni abito. Provate a riconoscerli. Ci riuscite? Confrontate l’etichetta e poi chiudete gli occhi e provate a memorizzare la sensazione tattile che trasmettono.